Valle Dei Templi

La Valle dei Templi è un parco archeologico della Sicilia caratterizzato dall’eccezionale stato di conservazione e da una serie di importanti templi dorici del periodo ellenico. Corrisponde all’antica Akragas, monumentale nucleo originario della città di Agrigento.

Dal 1997 l’intera zona è stata inserita nella lista dei patrimoni dell’umanità redatta dall’UNESCO. È considerata un’ambita meta turistica, oltre ad essere il simbolo della città e uno dei principali di tutta l’isola.

Dal 2000 l’area è parco archeologico della Regione Siciliana che, con i suoi 1.300 ettari, è il più grande parco archeologico d’Europa e del Mediterraneo.

Età Antica

Nel 581 a.C. alcuni coloni provenienti da Gela e da Rodi fondarono una città col nome di Ἀκράγας (Akragas) in un luogo strategico, vicino al mare e protetto dalle alture della Rupe Atenea e di Girgenti a nord e dalla Collina dei Templi a sud, nonché circondato dal corso dei fiumi Akragas (odierno torrente San Biagio) a est e Hypsas (odierno torrente Santa Anna) a ovest. L’insediamento si dotò di un ampio sistema difensivo, consistente in un circuito di mura lungo dodici chilometri e dotato di nove porte di accesso che sfruttava le caratteristiche topografiche del luogo. Alla fine del VI secolo a.C. risalirebbe anche la costruzione del primo grande tempio, quello dedicato ad Eracle, che sorse a ridosso di una delle porte più importanti della città, la cosiddetta Porta Aurea.

Akragas conobbe diverse tirannidi prima con Falaride (570-554 a.C.) ed infine con Terone (488-473 a.C.), il quale diede particolare impulso all’espansionismo militare della città con la vittoria sui Cartaginesi nella battaglia di Himera (480 a.C.). Seguì un periodo democratico instaurato dal filosofo Empedocle (446-444 a.C.). I grandi templi dorici, costruiti nel corso del V secolo a.C. in segno di ringraziamento agli dèi per la vittoria sui Cartaginesi, testimoniano la prosperità raggiunta in questo periodo storico dalla città (che arrivò a toccare i 20.000 abitanti), tanto da suscitare l’ammirazione del poeta Pindaro: uno dopo l’altro furono innalzati, quasi a formare una corona intorno al centro abitato, il Tempio di Atena sul colle di Girgenti, il Tempio di Demetra sulle pendici della Rupe Atenea e il Tempio detto L (480-460 a.C.), quelli detti di Giunone e dei Dioscuri (450 a.C.), il Tempio detto della Concordia e di Efesto (440-430 a.C.), il santuario d’Esculapio fuori le mura (420-410 a.C.), dove fu collocata una statua d’Apollo opera del celebre scultore greco Mirone, per non parlare dell’Olympeion, dedicato a Zeus Olimpio e considerato il più grande tempio dorico dell’antichità classica, sicuramente iniziato nel 480 a.C. e proseguito almeno fino al 406 a.C. ma mai completato. Durante il suo apogeo, la pianta urbanistica di Akragas era a griglia con sei larghi viali (plateiai) incrociati da trenta strade più strette (stenopòi) ed era così suddivisa: la Rupe Atenea era sede dell’acropoli con funzione sacra e difensiva, la Collina dei Templi ospitava i santuari dedicati alle divinità e la zona centrale le abitazioni civili e gli edifici pubblici mentre più a valle, fuori dalla cinta muraria, sorgeva l’emporio (odierna frazione balneare di San Leone), ossia lo scalo marittimo dove approdavano le navi commerciali provenienti da Cartagine e dalla Grecia. Sotto Terone, grazie all’ingegno dell’architetto Feace, la città si dotò anche di un sistema di cisterne, canali ed acquedotti sotterranei per la raccolta delle acque del suolo che sboccavano in un grande lago artificiale, la famosa Kolymbethra.

Ricostruzione in 3D dell’antica Akragas vista nei pressi della Porta V. Al centro sono visibili il Tempio L e il Tempio dei Dioscuri con il Santuario delle divinità ctonie. Sulla destra, il Tempio di Zeus Olimpio e quello di Eracle.

Dopo l’assedio e il saccheggio subito da parte dei Cartaginesi nel 406 a.C. durante la seconda guerra greco-punica, seguì un periodo di decadenza per Akragas, che fu sottoposta all’Epicrazia punica finché entrò nell’orbita di Siracusa con il condottiero corinzio Timoleonte (339 a.C.), che ricostruì le mura e la ripopolò con nuovi abitanti. Alle riforme promosse da Timoleonte si deve probabilmente la costruzione di nuovi edifici pubblici che occuparono l’area dell’agorà, ossia l’Ekklesiastérion (sede dell’ekklesia, l’assemblea popolare) e il Bouleuterion (sede della boulè, l’assemblea dei rappresentanti eletti dal popolo).

Dopo alcuni tentativi di liberarsi dell’influenza siracusana, Akragas tornò nuovamente sotto il giogo cartaginese fino al 210 a.C. quando passò definitivamente sotto il dominio romano, che latinizzò il nome della città in Agrigentum e la trasformò in civitas decumana, cioè tenuta a versare annualmente la decima parte del raccolto a Roma[. Nei primi due secoli dopo la conquista romana furono eretti sempre nell’area dell’agorà il teatro e un tempietto (falsamente attribuito al tiranno Falaride) che sorse sull’Ekklesiastérion ormai abbandonat. Ad ovest dell’agorà si sviluppò anche un nuovo quartiere in cui si concentrarono abitazioni di lusso (domus) e botteghe artigiane: esso presentava una pianta a griglia uguale al centro abitato greco con quattro strade strette (cardi) che incrociano tre viali larghi (decumani).

Racconta Cicerone nelle sue Verrine che nel 73 a.C. Verre, governatore romano della Sicilia, fece rubare la famosa statua d’Apollo dal Tempio di Esculapio e poi mandò degli uomini a sottrarre anche quella di Ercole dal Tempio omonimo ma questo tentativo fu bloccato dalla reazione violenta dei cittadini di Agrigentum armati di bastoni.

Nel 22 a.C., a causa della riforma voluta dall’imperatore Augusto, Agrigentum divenne municipium, cioè poteva assumere una certa autonomia da Roma ed avere perciò magistrature proprie[20]. Nel periodo successivo (I secolo d.C.) furono terminati il foro (piazza) con triportico colonnato ed adiacente santuario a tempietto (forse un iseion, cioè dedicato alla dea Iside) ma anche il ginnasio (palestra).

E’tà Medioevale

A partire dal VI secolo d.C., a causa delle invasioni barbariche, l’antica Agrigentum si spopolò ed il centro abitato si spostò oltre la vecchia cinta muraria, verso la parte alta del colle di Girgenti, dove si svilupperà la città medievale e poi moderna[5]. La Collina dei Templi perse così la sua importanza, venendo adibita in un primo tempo a luogo di sepoltura per i primi cristiani (come dimostrano le numerose necropoli, risalenti già all’età romana) e poi a luogo destinato all’artigianato e all’allevamento.[4] Nel 597 l’area, ormai esclusa dall’abitato, fu trasformata in luogo di culto cristiano dal vescovo Gregorio, che decise di trasferire la cattedrale nel Tempio della Concordia consacrandola al culto degli Apostoli Pietro e Paolo e distruggendo gli idoli pagani.

Nel 1154, Al-Idrisi, geografo arabo alle dipendenze del re normanno Ruggero II, fece un vago cenno indiretto alla bellezza paesaggistica ed architettonica dei templi in rovina nella sua famosa opera geografica Il libro di Ruggero, probabilmente dopo averli visitati di persona[30]Nel corso dei secoli successivi, l’area fu completamente abbandonata ed utilizzata esclusivamente per ricavare i blocchi necessari alla costruzione della nuova città di Girgenti e del molo antico di Porto Empedocle.

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