Erice

Erice è un comune italiano di 25 797 abitanti del libero consorzio comunale di Trapani in Sicilia.

Dal 1167 al 1934 ebbe il nome di Monte San Giuliano. Nel centro cittadino, posto sulla vetta dell’omonimo monte, è residente solo un’esigua percentuale di abitanti, mentre la maggior parte della popolazione si concentra a valle, nell’abitato di Casa Santa, contiguo alla città di Trapani.

Il nome di Erice deriva da Eryx, un personaggio mitologico, figlio di Afrodite e di Bute, ucciso da Eracle.

Territorio

«E l’altro monte, e l’altro monte ei vede,
l’Erice azzurro, solo tra il mare e il cielo
divinamente apparito, la vetta
annunziatrice della Sicilia bella!»

(Gabriele D’Annunzio, dalla poesia La notte di Caprera)

Il territorio di Monte San Giuliano, oggi denominato Agro ericino, comprendeva oltre al territorio dell’attuale comune, anche quelli di ValdericeCustonaciSan Vito Lo CapoBuseto Palizzolo e parte di quello di Castellammare del Golfo.

L’imperatore Federico II, con un privilegio del 1241, aveva concesso agli ericini il possesso di questo vasto territorio che comprendeva al suo interno numerose località, chiamate casali: casale Curtiicasale Scupellicasale Fraginisicasale Rachalgimircasale Sanctæ Yrinicasale Rachalhabcasale Handiluhiaracasale Bumbulunicasale Murficasale Busitcasale Arcudaciicasale Ynnichicasale Hurricasale Rachalculei, con tutti i loro tenimenti e le loro pertinenze. Questo territorio, sul quale l’universitas esercitava la sua giurisdizione, era diviso in feudi e contrade: la sua estensione era, fino al 1846 di circa 40000 ettari, il suo litorale si prolungava per 26 miglia dalla spiaggia di Castellammare del Golfo a quella di San Giuliano e al suo interno erano comprese tre baronie. La prima era quella di Baida, che confinava a settentrione con la spiaggia e il cui barone godeva il mero e misto impero; l’altra era quella di Inici, della quale erano feudatari i Sanclemente; l’ultima era quella di Arcodaci, proprietà della famiglia Monroy. All’universitas spettavano il feudo Ralibesi, il cui nome – come quello di molte altre contrade della regione – è di origine islamica, il feudo Xambola, il feudo Lacci, il feudo Punta, così chiamato per una punta di terra che si estende verso il mare chiamata capo san Vito, il feudo di Castelluzzo, che prese il nome da un castello che si trovava in questa località, e il feudo Sanguigno. Il 24 gennaio 1846 parte di questo territorio veniva sottratto all’universitas di Monte San Giuliano e attribuito a Castellammare del Golfo. Dal suo territorio, se ne distaccarono tra il 1948 e il 1955 ampie porzioni che costituirono i comuni di ValdericeCustonaciSan Vito Lo Capo Buseto Palizzolo.

Cuore del comune è il capoluogo che sorge sull’omonimo “monte”. Diverse le frazioni che completano il territorio, alle falde della montagna madre (Casa SantaPizzolungo, Roccaforte, Rigaletta, Tangi, Ballata, Napola, ecc.)

Storia

Secondo Tucidide Erice (Eryx, Ἔρυξ in greco antico) fu fondata dagli esuli troiani, che fuggendo nel Mar Mediterraneo avrebbero trovato il posto ideale per insediarvisi; sempre secondo Tucidide, i Troiani unitisi alla popolazione autoctona avrebbero poi dato vita al popolo degli Elimi. Fu contesa dai Siracusani e Cartaginesi sino alla conquista da parte dei Romani nel 241 a.C. (Battaglia delle Egadi – 10 Marzo del 241 a.C.)

Virgilio la cita nell’Eneide,Enea tocca due volte la costa siciliana proprio sotto Erice, a Trapani: la prima per la morte del padre Anchise, un anno dopo per i giochi in suo onore (“… hinc Drepani (Trapani) me portus et inlaetabilis ora accipit, … ” Eneide 3° libro). Virgilio nel canto V racconta che in un’epoca ancora più remota vi campeggia Ercole stesso nella famosa lotta col gigante Erix o Eryx, precisamente nel luogo dove poi si sfidarono al cesto il giovane e presuntuoso Darete e l’anziano Entello.

In antico, insieme a Segesta, che parrebbe di fondazione coeva, era la città più importante degli Elimi, in particolare era il centro in cui si celebravano i riti religiosi.

Durante la prima guerra punica, il generale cartaginese Amilcare Barca ne dispose la fortificazione, e da Erice e da Drepanum (Trapani, dove fece erigere il famoso Castello della Colombaia) difese anche Lilibeo. Amilcare Barca con la sua flotta vinse la prima importante battaglia navale tra Roma e Cartagine, la Battaglia di Trapani appunto svoltasi nel 249 a.C., grazie ad una mossa imprudente della flotta romana indotta dal Generale romano Publio Claudio Pulcro. La flotta romana vinse poi la seconda battaglia bavale e la prima Guerra Punica con la Battaglia delle Egadi, correva l’anno 241 a.C.

Per i Romani fu un centro di rilievo, dove veneravano la “Venere Ericina“, la prima dea della mitologia romana a somiglianza della greca Afrodite. Diodoro Siculo narra l’arrivo di Liparo, figlio di Ausonio, alle Isole Eolie (V, 6,7), aggiungendo che i Sicani «abitavano le alte vette dei monti e adoravano Venere Ericina».

Scarse, o quasi nulle, sono le notizie della città e del santuario nel periodo bizantino, restando comunque economicamente attiva.

Dagli arabi agli spagnoli

Denominata Gebel-Hamed durante l’occupazione araba (dall’831 fino alla conquista normanna dell’Isola), la montagna non fu probabilmente nemmeno abitata in questo periodo. Ripopolata la nuova cittadella col nome di Monte San Giuliano, così ribattezzata dai Normanni nel XII secolo, acquista prestigio anche con la costruzione di nuovi edifici civili e religiosi, divenendo una della maggiori città demaniali del Regno, grazie anche alle concessioni ottenute sulla base di un falso documento[senza fonte], a firma di Federico II, utilizzato dai suoi abitanti come attestato di legittimità per l’occupazione del vasto territorio che si estendeva dal Monte Erice fino ai confini di Trapani, e verso oriente sino a San Vito Lo Capo e alla confinante città di Castellammare del Golfo. Erice deve la sua rinascita alla Guerra del Vespro, divenendo di fatto la rocca da cui scaturivano le azioni belliche di Federico d’Aragona, re di Sicilia fino al 1337Sant’Alberto, che predicò l’azione contro gli Angioini, discendeva dagli Abbati, una delle maggiori famiglie della città.

Nel periodo della dominazione spagnola sono da ricordare alcuni tumulti popolari assai feroci: nel 1516, in occasione della morte di Ferdinando il Cattolico, scoppiò una rivolta che venne repressa con durezza dal barone di Castellammare; nel 1544, quando giunse ad Erice Giuseppe Sanclemente, barone di Inici, per passare in rassegna le milizie della città, scoppiò un tumulto e si dovettero incarcerare i cittadini più sediziosi; nel 1624, anno in cui la città fu colpita dalla peste, un’ampia fascia della popolazione si sollevò contro il capitano d’armi di allora, il barone Nicolò Morso, il quale si era alienate le simpatie della popolazione con la sua politica autoritaria. In quest’epoca il governo di Madrid procedette due volte – nel 1555 e nel 1645 – alla vendita della città con il suo territorio, ma in entrambe le occasioni i cittadini riuscirono a riscattarsi. La vita monastica, con numerosi monasteri fondati e dotati da cospicue famiglie locali, caratterizza la vita cittadina. A partire dal XVI secolo si svolge la rappresentazione del misteri in occasione del Venerdì Santo, contemporanea a quella trapanese.

La ricchezza delle famiglie che qui vivono sino alla riforma borbonica di Tommaso Natale che – di fatto – scardina il sistema su cui si era retta sino ad allora l’economia delle città demaniali, è testimoniata dai palazzetti e case signorili che si affacciano, numerosi, sulle strade della città. Le circa cento famiglie che nei 700 anni di vita della città hanno partecipato alla conduzione del potere (capitani, giurati, magistrati) hanno lasciato testimonianza della loro vitalità. La ristrutturazione ottocentesca della piazza centrale che era detta della Loggia, dedicata successivamente ad Umberto I, per tornare al suo nome originario nel 2012, ha fatto perdere la lapide che recitava con orgoglio lo sforzo economico che i liberi cittadini di Erice avevano nel Seicento pagato al re per non essere infeudati da nessuno. La città tende comunque a conservare gelosamente il fascino di una cittadina medievale.

Dal Novecento ai giorni nostri

Nel 1934 Monte San Giuliano riprende il nome di “Erice”. Nel dopoguerra perde parte del suo territorio dell’agro ericino, con la costituzione di diversi comuni autonomi.

Dal 1957 si organizza ogni anno, nel periodo primaverile, una gara automobilistica di cronoscalata, denominata “Gara in salita di velocità Monte Erice”, per la quale esistono anche un campionato italiano e un campionato europeo. Sui tornanti che partono da Valderice e raggiungono la vetta dell’omonimo monte, sfrecciano a tutta velocità vetture moderne, storiche, prototipi da competizione e vetture formula, circondati da sportivi e appassionati e, naturalmente, da uno sfondo mozzafiato.

Dal 1963 è sede del Centro di cultura scientifica Ettore Majorana, istituito per iniziativa del professor Antonino Zichichi, che richiama gli studiosi più qualificati del mondo per la trattazione scientifica di problemi che interessano diversi settori: dalla medicina al diritto, dalla storia all’astronomia, dalla filologia alla chimica. Per questo alla cittadina è stato attribuito l’appellativo “città della scienza”.

Dal 1972 l’ex convento di s. Carlo fu sede della Associazione Artistica Culturale La Salerniana, fondata dal poeta Giacomo Tranchida, che conservava opere di Carla AccardiGianni AsdrubaliPietro ConsagraAntonio SanfilippoEmilio Tadini tra gli altri, e dove furono organizzate mostre d’arte contemporanea curate da critici di rilievo come Palma BucarelliAchille Bonito OlivaLuciano Caramel e Giulio Carlo Argan.

Monumenti e luoghi d’interesse / Architetture civili e militari

Mura ciclopiche del periodo elimo-fenicio-punico – VIII/VII secolo a.C.

Architetture Religiose

Chiesa Madre di Erice

  • Chiesa di San Cataldo
  • Chiesa di San Giuliano
  • Chiesa di Sant’Antonio Abate
  • Chiesa San Giovanni
  • Chiesa di San Martino
  • Chiesa di Sant’Orsola
  • Chiesa e convento di San Francesco d’Assisi
  • Chiesa e convento dei frati predicatori di San Domenico
  • Chiesa e convento dell’Annunziata o del Carmine[9]
  • Chiesa e convento dei padri cappuccini
  • Convento di Martogna del terz’ordine di S. Francesco
  • Chiesa e monastero del San Salvatore
  • Chiesa e monastero di San Pietro
  • Chiesa e convento dei frati minimi di San Francesco di Paola (diruto)
  • Chiesa e monastero di Santa Teresa
  • Chiesa e monastero di San Carlo
  • Chiesa e reclusorio dei santissimi Rocco e Sebastiano
  • Convento dei padri del terz’ordine di San Francesco
  • Chiesa di Sant’Alberto dei Bianchi
  • Chiesa di Santa Caterina Vergine e Martire
  • Chiesa di Sant’Antonio di Padova
  • Chiesetta dello Spirito Santo
  • Chiesetta di San Niccolò di Bari
  • Chiesetta di Santa Chiara
  • Chiesetta dei santissimi apostoli Filippo e Giacomo maggiore (poi detta di San Crispino)
  • Chiesetta di Santa Margherita Vergine e Martire
  • Chiesetta di Santa Maria della Raccomandata o della Neve
  • Chiesetta della Nostra Signora di Custonaci
  • Chiesa del Santo Sacramento
  • Chiesa di San Filippo Apostolo
  • Chiesa di Sant’Isidoro Agricola
  • Chiesetta di Sant’Agnese Vergine e Martire
  • Casa Santa o di Sales
  • Chiesetta di San Raffaele Arcangelo
  • Oratorio di Sant’Alberto
  • Chiesa della Nostra Signora della Grazia
  • Chiesa di Sant’Oliva (oggi di Santa Croce)
  • Santuario di Sant’Anna
  • Chiesetta di Sant’Elia
  • Chiesetta della Nostra Signora della Pietà
  • Chiesa di Santa Maria Maddalena
  • Chiesetta di Santo Ippolito Martire
  • Chiesetta di San Matteo Apostolo ed Evangelista
  • Chiesa di San Cristoforo Martire
  • Chiesetta suburbana di S. Bartolomeo Apostolo
  • Chiesa di San Luca Evangelista
  • Chiesetta di San Niccolò
  • Chiesa di Santa Maria della Scala
  • Chiesa della Nostra Signora della Grazia
  • Chiesetta di Santa Maria Maggiore
  • Chiesetta dei santi martiri Cosma e Damiano
  • Chiesa di San Cristoforo Martire
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